martedì 9 dicembre 2014

Bugie di inchiostro

Quando scrivo mento.
Mento a chi legge e a me stessa.
Mi lascio trasportare dal suono delle parole, seguo la musica. Creo uno spartito e un ritmo ogni volta diversi.
Se affido a Beatrice o a Emma pensieri e parole, lo faccio con il grande potere dell’autrice, con l’onnipotenza della narratrice. Quando il lettore trova un nome femminile nei miei romanzi è inevitabilmente portato a creare una sovrapposizione tra la protagonista e me, ma è solo vittima di un inganno.
La cosa curiosa è che quando scrivo, si tratti di un articolo su questo blog o di una frase sul mio profilo Facebook, o anche quando pasticcio con la penna su un foglio bianco, scrivo menzogne; seguo solo il suono delle parole per creare una sinfonia verosimile e, se questa è orecchiabile, il lettore si farà trasportare senza porsi troppi interrogativi. Posso quindi proiettare una parte di me stessa accondiscendente, o dolce e gentile, oppure posso mettere in luce la parte più sarcastica e pungente, o forse quella triste e malinconica. Questo è il bello dei mille volti della scrittura: perdere la propria identità e confondere il lettore .
In realtà (o forse no) è tutto così effimero e impalpabile come l’arcobaleno di luce  proiettato sul foglio bianco dai brillantini del mio anello posto sul dito che regge la penna mentre scrivo.

Suoni e luci sono le parole; contrasti cromatici su un foglio e suoni nella mente di chi legge. Nulla più che dolci bugie dal sapore di verità.

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