Entro nella pasticceria
di Tonolo a Venezia. C’è ogni sorta di leccornia per soddisfare i gusti anche
dei palati più esigenti.
Le ordinazioni infatti
hanno un ventaglio quasi infinito di varianti.
Macchiato caldo,
cappuccino tiepido, con poca schiuma, orzo lungo, caffè decaffeinato, con
zucchero di canna, edulcorante, fruttosio o miele. Succhi di frutta e spremute.
Croissant alla crema,
alla marmellata di mirtilli, con miele, più o meno cotti, brioche con semi di
papavero, uvetta, cannella, mandorle tostate o pistacchi.
Bignè e biscotti di ogni
tipo.
Prima che cominci a
girarmi la testa seguendo le altre mille possibilità e combinazioni, ordino il
mio bignè alla crema di cioccolato fondente. Mentre la glassa si scioglie
lentamente sulle mie dita scaldate dalla tazza di uno schiumoso cappuccino,
penso di essere entrata nel girone dei golosi. Il canto VI dell’Inferno.
Volti nuovi e volti
consueti
mi veggio intorno, come
ch’io mi mova
e ch’io mi volga, e come
che io guati.
Sovra la gente che quivi
è sommersa
poso i miei occhi
curiosi.
Simili a Cerbero, come
fiere crudeli e diverse
vorrebbero avere tre
gole per poter mangiare
ogni ghiottoneria che si
presenta ai loro occhi.
Caninamente latrano
mentre chiedono
chi un croissant ai
frutti di bosco,
chi un bignè alla crema,
chi un cappuccino con
soffice schiuma.
Briciole grosse e gocce
di caffè nero
cadono al suolo, mentre
per l’aere
sale il profumo di
zucchero a velo.
Li occhi spalancati, la
barba unta
e il ventre largo e
imbrattate le mani
a spintoni avanzano
verso il banco
che ogne tentazione cela
sotto il vetro.
Urlar li fa la folla
come oche.
Entro, mirando le facce
lorde
de l’anime che volgonsi
e, con bocche aperte,
divorano bramose le
paste.
Passo anch’io agognando
il pasto,
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