Cammino lungo il marciapiede accanto ad un
binario vuoto in attesa del treno che mi porterà a Bologna. Mancano venti
minuti alla partenza e osservo le persone che popolano la stazione.
Una profonda sensazione di tristezza mi invade,
una malinconia trasportata dal vento generato da un treno di passaggio.
Mi siedo sulla prima panchina libera e mi
chiedo perché ne ho cercata una dove non vi fosse seduto nessuno, mentre
osservo che anche altri fanno lo stesso. Cerchiamo di mantenere le distanze dai
nostri simili, come se non fossimo già abbastanza isolati. Se per caso i nostri
sguardi si incrociano li distogliamo velocemente, timorosi di sembrare
indiscreti e allo stesso tempo per non essere a nostra volta scrutati.
Cerco di focalizzarmi sui comportamenti e non sulle
persone e così sorseggio la mia acqua e penso che ho comprato questa bottiglia
a Venezia e su di essa ho lasciato il mio codice genetico come una traccia che
ne ha segnato il possesso. Probabilmente finirò di bere l’acqua a Bologna e
getterò la bottiglia vuota in un cestino di quella stazione. Forse è stupido ma
mi rattrista lasciare un mio oggetto in un luogo che non mi appartiene, eppure
tutti lasciamo in molti luoghi tracce silenziose del nostro passaggio.
Bevo un altro sorso e fisso l’orologio impaziente:
non vedo l’ora che arrivi il mio treno.
Voglio abbandonare questo triste marciapiede e questa panchina dalla
quale ora sto osservando un pezzo di umanità che sfila davanti a me.
Ma non è ancora il momento e mentre aspetto mi
soffermo su una coppia di fidanzati. A differenza di quanto sta accadendo a me,
penso, per loro il tempo scorre troppo velocemente e tra poco si dovranno
separare. I visi sono tristi e lui trascina una valigia che sembra pesare più
del dovuto… come il suo cuore.
Il treno che lo porterà via è arrivato prima
del mio e lei sembra stringergli più forte la mano in questi ultimi istanti che
passeranno assieme. Le parole sono superflue: i loro sguardi sono già
abbastanza eloquenti. Lei gli circonda il collo con le braccia mentre lui le
stringe la vita e si baciano ripetutamente. Sembra che i loro corpi non
vogliano separarsi mentre le loro labbra chiedono avidamente di conservare il
ricordo del sapore di quei baci.
Infine si dividono. Lui sale sul treno e, pochi
istanti dopo, le porte si chiudono separando definitivamente i loro corpi, ma
non i loro sguardi e le loro anime.
Il treno si allontana lentamente mentre lei lo
segue con lo sguardo e porta le dita sulle labbra per assicurarsi che il sapore
che lui le ha lasciato sia ancora lì.
Finalmente arriva il mio treno e salgo con un
peso nel cuore, come se la separazione avesse riguardato me e non loro.
Cerco il mio posto seguendo la numerazione.
Fortunatamente è accanto al finestrino: mi piace veder scorrere il paesaggio
mentre viaggio.
Il posto accanto a me è vuoto…come il vuoto che
ora sento nel mio cuore mentre mi assale il timore che non sarà mai occupato,
nemmeno dal ricordo di un bacio datomi prima di partire.
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